Posso non parlarti, non dirti nulla della mia esperienza o di ciò che io vedo in te di me. Restare muta e far finta di niente affinché tu abbia la tua esperienza perché è così che va l'evoluzione umana. Una volta lessi da qualche parte che "l'esperienza serve solo a chi la fa", perché tu puoi parlarne ma è difficile comprendere appieno se non hai provato una cosa simile non la riconosci. Mentre riconosci parti di te nell'altro quando lo specchio riflette un'immagine che ti porta al ricordo di come eri tu nel passato, con la stessa durezza, con la stessa intensità, con la stessa paura, con la stessa rabbia, con lo stesso dolore.
E allora provi un contatto perché c'è qualcosa di te anche nell'altro e vorresti che passasse per una strada più semplice ma ognuno ha il suo percorso e magari c'è anche il bagaglio di un'esperienza simile. Rifletto se parlare o no, se lasciare andare anche se vedo. Mi chiedo come "vivere" e "stare" nel mondo se poi c'è un'estraniarsi, uno stare distanti senza motivo alcuno, senza interagire. Per alcuni potrebbe essere un forma di indifferenza ma l'indifferenza non esiste. Ogni cosa che ci circonda emana qualcosa che può, se lo vogliamo, interagire con noi essendo partecipi oppure no, restando nella pace assoluta. Rifletto sono io e parte di ego in quello che faccio: metto parti di me, anche sottili, ma le metto, come posso vivere se non le metto? Come vivere in una dimensione dualistica come la nostra? Per ora è qui che devo stare ed è qui che imparo il significato di ciò che voglio essere e non di ciò che penso di essere, ma è anche vero che io ho il mio credo come tu hai il tuo. Semplicemente trovare l'equilibrio tra il cuore che vorrebbe proteggerti e l'anima che vorrebbe lasciarti andare.
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